La storia del Sentiero del Viandante

Il Sentiero del Viandante rappresenta uno dei tesori del lago di Como e della bassa Valtellina.

Un gioiello da curare, da preservare e valorizzare. L’accordo di programma siglato da tutti i Comuni, le tre Comunità Montane e le due Province su cui transita il percorso è la chiara attestazione degli intenti e della volontà degli amministratori di tutelare e far conoscere questo sentiero.

 

Vista Panoramica sul lago

Fin da epoca romana e forse anche prima il lago di Como costituì un corridoio naturale facilitando i flussi commerciali da nord a sud e viceversa attraverso le Alpi. I Valichi delle Alpi Retiche (Spluga, alt. 2116; Maloja, alt. 1815; Settimo, alt. 2313) sono a una distanza relativamente vicina, in media 50 chilometri, a quello che anticamente era considerato il ‘porto’ superiore del lago, ovvero Riva di Chiavenna, il punto più a nord ove potessero approdare le imbarcazioni cariche di merci. Pria dell’avanzamento del delta dell’Adda in Bassa Valtellina (XV sec.) e della successiva bonifica del Piano di Chiavenna (XIX-XX sec.), il Lario si estendeva più a nord di oggi: il comune di Samolaco, in Valchiavenna, dal latino summus lacus, ricorda tale situazione. Il laghetto di Novate Mezzola è oggi un residuo del lago di Como, rimasto separato dai materiali depositati dall’Adda. In nessun’altra parte della Lombardia, come nel solco del Lario, è possibile comunicare direttamente con lo spartiacque alpino che, al di là, si ramifica nelle alte valli del Reno, in direzione di Coira e del lago di Costanza.

 

Sentiero Viandante Nei pressi di Biosio

Le Prealpi bergamasche, peraltro decentrate rispetto alle vie di traffico aventi origine a Milano e per un certo periodo della storia appartenute allo Stato Veneto, frapponevano un ostacolo alle comunicazioni ed era sempre necessario vincere un valico, vuoi il passo S. Marco, vuoi quelli di Tartano e di Dordona, per citare i più noti, per accedere alla Valtellina e alle pendici delle Alpi Retiche. Anche la via del Gottardo, che ebbe grande importanza a partire dal XIII sec. con la sistemazione del percorso lungo la pericolosa forra di Goschenen, si poteva raggiungere da Milano solo superando il Monteceneri o aggirandola da ovest lungo il lago Maggiore. Della favorevole condizione della ‘via del lago’ furono ben coscienti i Visconti i quali a più riprese confermarono questa come la via recta, cioè l’unica consentita al transito delle mercanzie potendo così esigere prelievi fiscali nei punti di passaggio obbligati. Le stazioni doganali erano situate ai luoghi di imbarco, a Chiavenna, alla Torre di Olonio presso il Passo, alla Punta di Bellagio.

Molto diversificati furono i generi merceologici trasportati: rame, ferro, ottone, stagno, pellami e bovini, cavalli nel senso nord-sud; prodotti lavorati, sete e lane, olio d’oliva, vino, allume, spezie, sale nel senso contrario. Se dunque le merci più pesanti e redditizie sotto il profilo fiscale potevano utilizzare la via d’acqua, altre merci più minute, ma soprattutto viandanti, pellegrini e eserciti, tenuto conto che non esisteva ancora un servizio di navigazione, sceglievano come alternativa una via di terra, o meglio due. La prima, di origine romana, nota e passata alla storia con il nome di Strada Regina, seguiva la sponda occidentale del Lario, da Como fino a Sorico e a Chiavenna. La seconda, che sarà oggetto del nostro interesse, risaliva invece la sponda orientale dando spazio a parecchie alternative, la principale delle quali, nel tratto da Lecco a Bellano, seguiva l’agevole via della Valsassina che, a sua volta, mandava una diramazione in Valtellina attraverso la Bocchetta di Trona.

 

Sentiero Viandante Nei pressi di Biosio

Le comunicazioni nel bacino del lago di Como, prima della moderna rete stradale, erano molto articolate. Si tenga presente che per strada si intende, in questi casi, un semplice tracciato mulattiero che solo in qualche tratto poteva essere battuto da piccoli carri a due ruote. Non sto parlando delle strade come attualmente le intendiamo. La prima strada carrozzabile lungo il lago, con larghezza variabile fra 3 e 5 metri, fu completata nel 1832 su disegni dell’ingegner Carlo Donegani seguendo la sponda orientale. In precedenza si trattava di mulattiere o di sentieri, di impervia altimetria, che costringevano il viandante a faticose giornate di viaggio non prive di incognite e imprevisti.

 

Nella zona orientale del Lario, la strada della Valsassina da Lecco a Bellano, lungo le valli del Gerenzone e della Pioverna, fu fino all’inizio del XIX sec. la migliore via di transito verso la Valtellina nonostante le interposte difficoltà quali l’impaludamento della piana di Balisio, le frane e le alluvioni che rovinavano i ponti, le pendenze del tratto sopra Bellano. Da un preventivo di spesa redatto nel 1606 dall’ingegner Tomaso Rinaldi, su incarico del Conte di Fuentes che proprio in quegli anni stava erigendo una fortezza a Colico e necessitava di una via di accesso, risultò che l’onere per il miglioramento di questa strada era di gran lunga inferiore a quello previsto per la Strada Regina in sponda occidentale, mentre neppure si prese in considerazione l’ipotesi di una sistemazione del percorso lungo la Riviera lecchese, irto di difficoltà. La strada della Valsassina si sdoppiava a Cortenova: il ramo principale puntava su Bellano, uno secondario, tramite il valico di Piazzo (alt. 914), entrava in Val Varrone e, seguendo dall’alto del versante destro il torrente, arrivava ad affacciarsi al lago a Mandonico, antico nucleo di Dorio a metà costa per confluire poi a Colico. Dalla strada della Valsassina si staccavano diverticoli che a oriente immettevano in Valtellina, fino al 1797 sotto il dominio grigione, o nelle valli bergamasche, sotto quello veneziano. La strada del Bitto era la più nota: risaliva da Introbio la valle della Troggia e, dopo aver valicato il passo oggi detto delle Tre Croci (alt. 1986), passava nell’alta Val Varrone, puntava quindi verso la Bocchetta di Trona (alt. 2092) e scendeva, lungo la valle del Bitto, a Morbegno. Questa, fra l’altro, fu compresa nel Piano Stradale del conte Francesco d’Adda, approvato da Maria Teresa nel 1777, come ‘Strada Regia’ di grande comunicazione e quindi dotata di provvidenze. Fra gli itinerari minori, che servivano al disbrigo dei commerci locali o al transito delle mandrie transumanti, si possono citare quelli che dalla Valsassina mettevano in Val Taleggio, attraverso il Colmine (o Culmine) di S. Pietro (alt. 1254), o in Valtorta, attraverso i Piani di Bobbio (alt. 1660), o per ultimo, quello diretto da Lecco alla Valle Imagna attraverso l’impegnativo valico della Passata (alt. 1244).

Molto importanti furono i collegamenti aventi origine in Val Varrone, bacino minerario per il ferro utilizzato nella fabbricazione di armi. Verso nord-est la valle comunicava con Delebio, mentre, lungo la stessa, la citata ‘Strada Regia’ di Maria Teresa collegava le miniere con i forni fusori di Premana e di Pagnona. Sempre dalla Valsassina, difficili mulattiere valicavano gli stretti passaggi delle Grigne attraverso i passi d’Aguglio (o Agueglio), del Cainallo, dei Resinelli, ma a questo punto l’elenco potrebbe diventare infinito e un poco stucchevole per l’attento lettore. Vale la pena di notare, in conclusione, come il reticolo viario fosse più capillare ieri di oggi e forniva più alternative. La moderna rete stradale ha ridotto i collegamenti fra una valle e l’altra, tant’è che molte di queste risultano oggi prive di sbocchi (Valtorta, Val Varrone, Val Gerola, le valli del Liro ecc.). Un tempo, quando ci si muoveva a piedi o a dorso di mulo, le relazioni intervallive, anche ad alta quota e in presenza di confini, erano più intense di oggi; relazioni non solo economiche, ma anche sociali e culturali. La perdita di popolazione in queste vallate è stata in parte causata dalla rottura di questo equilibrio, soprattutto da quando i flussi si sono diretti verso i capoluoghi (Como, Lecco, Bergamo) e la pianura. Ho già notato come, in passato, gran parte dei traffici si svolgesse per via d’acqua, per maggior comodità e celerità, e per le difficoltà che le vie costiere dovevano superare. Fra i borghi costieri, come Mandello, Varenna, Bellano, Dervio, si preferiva navigare il lago piuttosto che inerpicarsi fra alte rupi come insegnano i protagonisti del romanzo Marco Visconti di T. Grossi. La struttura urbanistica di questi abitati, proiettata a lago con percorsi ‘a pettine’, perpendicolari alle sponde («vie o piuttosto scalotte scendenti al lago» le chiamò Cesare Cantù), rifletteva un’economia legata alle risorse del lago e non a quelle del monte, dove gli spazi coltivi erano esigui e bisognosi di opere di sostegno su acclivi pendenze.

La ‘via del lago’ ha poco influenzato la logica insediativa degli abitati. Diversi saranno gli effetti della viabilità ottocentesca che provocherà un rivolgimento urbanistico con il caseggiato, da quel momento in poi, orientato in parallelo alla strada di lungolago e non più perpendicolare agli approdi. La denominazione di Sentiero del Viandante è fittizia, nel senso che essa risponde a esigenze di valorizzazione turistica. Nella storia, la percorrenza lungo questa sponda del lago non ebbe mai una sola, ma varie denominazioni (‘Via Ducale’, ‘Via Regia’, ‘Strada dei cavalli’ e, per un breve tratto, in effetti, anche ‘Via dei Viandanti’) a significare che essa fu il risultato della connessione di più percorsi, non soggetti a una volontà comune di politica stradale.  Tenendosi a monte, giusto alle pendici delle rupi o sul margine alto dei conoidi deltizi (a Mandello, a Dervio), questo percorso stabilì una viabilità pedonale di mezzacosta che interessava, a giustificazione della sua origine, i più antichi nuclei (Castello di Abbadia, Maggiana, Rongio ecc.) e i fortilizi eretti sulle alture per motivo di reciproco legame visivo, come la torre di Vezio e il castello di Dervio. In alcuni casi il percorso, da un’altezza media di circa 400 metri (200 dal livello medio del lago), saliva fino a 5-600 metri per sfiorare addirittura quota 1000 nel tratto fra Lierna e Varenna. Sono queste le ragioni che da una parte hanno sempre scoraggiato un miglioramento del tracciato (come abbiamo già visto neppure considerato nel momento in cui, nel XVII sec., si rese necessario un collegamento con il forte di Fuentes e del tutto trascurato nel progetto della strada carrozzabile ottocentesca, spostata vicino al lago) e che all’altra, proprio per questo, hanno permesso la sua conservazione, turbata negli ultimi anni dall’espansione edilizia e dalla costruzione della superstrada 36.

Quando fu tracciato questo sentiero?
Pietro Pensa, storico lariano, lo ritiene antichissimo pur non presentando le peculiarità di calibro e struttura delle strade, ad esempio, di epoca romana. Dico romana poiché il ritrovamento di un miliare a S.Pietro di Ortanella, alcune tombe nel Mandellasco, un’ara dedicata a Ercole sul Castello di Abbadia, i ruderi di Castelvedro a Dervio e altro ancora potrebbe indirizzare verso tale appartenenza. Ma restiamo nell’ambito delle congetture. Gli Statuti comunali delle pievi di Bellano, Dervio, Lecco, riferibili alla fine del XIV sec., riportano frammentarie citazioni riguardo una ‘strada pubblica’ costiera. Sono documenti che stabilivano chi dovesse attendere alla manutenzione (i Comuni) e quali fossero le caratteristiche strutturali. Secondo lo statuto di Dervio, la larghezza media di una strada doveva essere di 1,70 metri, selciata e delimitata da muretti o alberature. Tale misura – come sottolinea Angelo Borghi – si riscontra ancora oggi in diversi punti del tracciato anche se ritenerla costante risulta difficile a causa del logoramento della sede e delle modificazioni intervenute nel tempo. Probabilmente qualche tratto, magari in prossimità degli abitati, era anche più largo, consentendo l’incrocio di due cavalli o il passaggio di carri e carrette. Nel 1622 si trova il riferimento di una ‘Strada del carro’ sopra Lierna, fra Pra’ de Spin e Ortanella, come pure ‘Carà’ veniva titolata la salita da Olcio ai Saioli.

Sono rarissime le testimonianze di viaggiatori (vale la norma che fosse più conveniente la via d’acqua): una di queste risale al 1451, quando un certo messer Vanogo, diretto alla fiera di Ginevra, carico di lane e sete, fu derubato dai gabellieri di Mandello. Nel 1400, infuriando la peste, questa strada fu suggerita dal Duca di Milano come alternativa ai pellegrini romei provenienti da Bellinzona.

In documenti notarili della metà del XVIII sec. la strada appare col nome di ‘Via Regia’ o ‘Ducale’, attributo qualificante, tuttora iterato nella toponomastica di diversi comuni rivieraschi, che potrebbe essere spiegato – ma è solo un’ipotesi – con il fatto che, mai attuato il progetto di miglioria della strada della Valsassina (per la quale avevo citato un preventivo di spesa redatto nel 1606), si rese comunque necessaria una via di collegamento con i confini settentrionali del Ducato di Milano e con il forte di Fuentes.

Una seconda ipotesi, anch’essa da verificare, potrebbe aver voluto la riqualificazione di questa strada in contrapposizione a quella veneta di S.Marco, o ‘Strada Priula’, che, tracciata nel 1593 in Val Brembana, servì da deterrente politico nei giochi diplomatici fra Venezia, lo Stato di Milano e i Grigioni. Il fatto che in periodo napoleonico essa venisse migliorata e in alcuni tratti, come da Lierna a Varenna, modificata, sopprimendo la salita a Ortanella, significò l’assunzione del ruolo di effettivo collegamento fra il Milanese e la Valtellina. Ogni nuovo tratto ebbe da allora l’appellativo di ‘Strada napoleona’.

Nel 1832 infine si portò a compimento la ‘Strada Militare per lo Stelvio’ nel tratto fra Lecco e Colico, opera di alta ingegneria, «lunga 41.800 metri, larga da per tutto 5 metri, e non avente mai pendenza superiore al 4 per cento, con gallerie forate nel seno della montagna, costata 3.360.592 lire austriache». Fu giustamente celebrata poiché, ancora agli inizi dell’800, non si era ritenuto conveniente costruire una strada sulla sponda orientale del lago. Per collegare Milano alla Valtellina si pensava di riattivare l’antica strada di S.Marco in Val Brembana, di riprendere il tracciato della Strada Regina lungo la sponda occidentale o, al massimo, migliorare la viabilità della Valsassina lasciando il lago a Lecco per riprenderlo a Bellano. Il vantaggio di un percorso senza pendenze per i trasporti militari favorì la soluzione in riva al lago. Fatta la nuova strada, il Sentiero del Viandante tornò a nascondersi fra le pieghe della storia, dalle quali per la verità non era mai del tutto uscito

Le vie del viandante Cammino certificato
In Lombardia Lago di Como Valtellina
Provincia di Lecco Provincia di Sondrio
Comunità montana Valtellina di Morbegno Comunità montana Lario orientale Valle San Martino Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val D'Esino, Riviera
Comune di Lecco Comune di Abbadia Lariana https://www.ilsentierodelviandante.eu/wp-content/themes/ilsentierodelviandante/img/valsassina.jpg Comune di MandelloComune di Lierna Comune di Esino Lario Comune di Perledo Comune di Varenna
Comune di Bellano Comune di Dervio Comune di Dorio Comune di Colico Comune di Piantedo Comune di Delebio Comune di Rogolo Comune di Cosio Valtellino Comune di Morbegno
Comune di Lecco Comune di Abbadia Lariana Comune di Mandello Comune di Lierna Comune di Esino Lario Comune di Perledo Comune di Varenna Comune di Bellano
Comune di Dervio Comune di Dorio Comune di Colico Comune di Piantedo Comune di Delebio Comune di Rogolo Comune di Cosio Valtellino Comune di Morbegno
Comune di Lecco Comune di Abbadia Lariana Comune di Mandello Comune di Lierna
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